 Illustrazione di Nadia Pazzaglia
La domanda di oggi è: come essere più efficaci nel farci capire? E perchè talvolta chi abbiamo di fronte sembra non capirci? Recentemente qualcuno di voi mi ha chiesto di dedicare una newsletter al tema dell’insegnamento per suggerire nuovi approcci e nuove riflessioni: lo faccio molto volentieri e per due ragioni. Innanzitutto perché tutti noi in qualche modo siamo insegnanti in alcuni momenti della nostra giornata o della nostra vita: accade ogni volta che vogliamo farci capire a un’altra persona e desideriamo trasferire ad altri qualcosa che noi abbiamo imparato attraverso la nostra esperienza personale; in secondo luogo, perché considero l’insegnamento come una delle più alte attività umane: in effetti, se ci pensi, insegnare è una delle poche attività che davvero differenzia l’uomo dagli animali.
Mentre gli altri mammiferi imparano per imitazione o per esperienza diretta l’uomo impara anche attraverso uno scambio intellettuale che – per quanto ne sappiamo oggi - è assente nelle altre specie. Quindi l’insegnamento deve necessariamente portare in se qualche elemento “superiore” se è una delle poche attività che davvero caratterizzano gli umani.
Mi dedico ormai da anni alla formazione e vivo spesso una situazione anomala, ovvero insegno agli artisti come esserlo pienamente… pur non essendo io stessa un’artista. Questo aspetto mi viene spesso contestato da chi è inizialmente scettico sul Coaching Artistico®, ma mi fa piacere perché mi permette di spiegare che io non insegno le specifiche discipline artistiche, ma altre abilità che potenziano ciò che si impara dai maestri.
Dal mio punto di vista, anche l’insegnamento non richiede solo competenze nella specifica disciplina, ma anche altre abilità: non a caso non tutti i grandi artisti non sono bravi insegnanti, così come i grandi scienziati spesso sono pessimi professori . Insegnare significa innanzitutto sapere come far arrivare un’idea o un messaggio che sta nella nostra testa nella testa dell’altro. Quindi in questa newsletter mi soffermerò proprio su questo: Come far arrivare efficacemente un messaggio al cervello dell’altro? Perché l’altro talvolta l’allievo sembra non capire cosa gli chiediamo? Come superare questa difficoltà?
Ecco uno spunto essenziale per rispondere a queste domande. Il cervello umano elabora le informazioni solo in tre modi: 1. con modalità “audio”: il cervello “si dice” qualcosa, ovvero la persona “fa un ragionamento” al proprio interno con delle modalità verbali, quasi come se stesse parlando ad altri. E’ un po’ ciò che facciamo quando parliamo da soli ad alta voce, ma molto più spesso lo facciamo in silenzio; 2. con modalità “video” : il cervello pensa per immagini ovvero vede accadere qualcosa, come in un film o si rappresenta delle immagini ferme, come fossero fotografie. Se dico “Pensa a cosa hai mangiato a colazione” è probabile che penserai per immagini e non ti ripeterai internamente, se non in un secondo momento, “caffè e brioche”; 3. con modalità “fisiche” (tecnicamente chiamate cinestesiche): il cervello pensa elaborando sensazioni fisiche. Ad esempio, se ti chiedo di pensare ad una sensazione che ti mette ansia, probabilmente dopo aver “visto” dentro di te quella situazione proverai svariate sensazioni: allo stomaco, o forse alla gola, o forse in altre parti del corpo.
Non ci sono altri modi per una persona di elaborare le informazioni: queste, quindi, solo le tre vie di accesso al cervello di un’altra persona.
Perché è importante saperlo? Perché questo ci offre più scelta e flessibilità nel comunicare con gli allievi, ma anche con chiunque altro: quando troviamo delle difficoltà a far capire qualcosa ad una persona, possiamo scegliere di cambiare canale per trasmettere meglio il nostro messaggio. Facciamo un esempio. Nell’aiutare un cantante ad emettere uno specifico suono potremmo usare alternativamente: - il “canale audio” facendo concentrare l’allievo sulle differenze nel suono fino a fargli capire qual è il suono giusto, magari emettendo noi stessi il suono che vogliamo ottenere; - il “canale video” chiedendo di operare dei cambiamenti basati su immagini visive: chiedendo quindi di immaginare - in base a ciò che serve - le proprie corde vocali, il proprio palato, il proprio diaframma in una determinata posizione per poi cambiarla. Ad esempio ho visto spesso maestri mostrare con le mani la posizione della bocca quando parlavano di copertura del suono; - il “canale fisico” facendo concentrare l’allievo sulle diverse sensazioni fisiche che accompagnano il suono oppure chiedendo di immaginare di “prendere” il suono e spostarlo in una diversa zona o farlo risuonare e vibrare in un punto/modo diverso
Per uno strumentista vale lo stesso discorso: ad esempio, la precisione in un difficile passaggio al pianoforte, potrebbe essere ricercato dall’allievo con il “canale audio” andando alla ricerca dell’esatto suono che deve caratterizzare il passaggio, oppure con il “canale video” immaginando le note sullo spartito o visualizzando il movimento delle dita sulla tastiera, e infine tramite il “canale fisico” concentrandosi sul movimento delle dita (la sensazione fisica, non l’immagine del movimento) oppure la sensazione dei polpastrelli che battono sui tasti.
E’ importante andare alla ricerca del canale che meglio “comunica” all’allievo invece di ostinarsi a proporre a lui/lei il canale che noi preferiamo.
Passami il parallelismo anomalo, ma vale lo stesso discorso che vale in una relazione sentimentale: ipotizziamo che io, per sentirmi amata, avessi bisogno di sentirmi dire spesso “ti amo” (canale audio), mentre il mio partner preferisse sentirsi coccolato ed accudito fisicamente (canale fisico). Probabilmente io cercherei di comunicare i miei sentimenti verbalmente supponendo che anche il mio compagno abbia bisogno di sentirsi dire frasi affettuose e magari questo sortirebbe scarsi risultati, mentre otterrei molto più facilmente lo stesso risultato con una carezza in più. Questo ci fa capire meglio il classico scambio di battute: “Se mi ami perché non me lo dici mai?” “Come fai a pensare che non ti amo? Non c’è bisogno che te lo dica (canale audio),non lo vedi quanti regali ti faccio (canale audio) e che sto sempre vicino a te (canale fisico), sei tu che ti limiti a parlare e basta”.
Nell’insegnamento, quando vogliamo comunicare bene non dobbiamo fermarci ai canali che noi preferiamo, ma cercare quelli che davvero ci collegano all’altro e quelli che più si avvicinano alle modalità di apprendimento dell’allievo. Quindi per essere certi di comunicare efficacemente prova ad allenarti a comunicare uno stesso concetto ricorrendo a tutti e tre i canali: certamente avrai più facilità a farti seguire e quando avrai identificato il canale preferito dell’allievo tutto sarà più facile. Questo è particolarmente utile quando ti sembra che l’allievo non riesca a capire ciò che tu intendi dire o non riesca a metterlo in pratica: l’utilizzo di un altro canale potrebbe essere risolutivo.
In ogni caso, la comunicazione su tutti e tre i canali è quella più efficace, e quando nell’esprimersi si utilizzano tutte le vie che si hanno più a disposizione, il messaggio “arriva meglio”. Ad esempio: 1. Il motivo per cui nella fase dell’innamoramento ci capiamo più facilmente e siamo più in armonia con il nostro partner è che comunichiamo su tutti e tre i canali: parliamo d’amore, facciamo piccoli regali/pensieri (pegni visibili), abbiamo frequentissimi contatti fisici. Poi gradualmente tendiamo a comunicare sul nostro canale preferito e se non è quello dell’altro…cominciano i guai 2. Le scene più emozionanti di un film sono quelle in cui sono coinvolti i 3 canali. I registi lo sanno, non a caso le scene più importanti ( e quelle che più a lungo ci restano in mente) sono quelle in cui a immagini potenti (canale video) sono associate alla musica (canale audio) e inducono nel pubblico sensazioni fisiche come la tensione muscolare, il cuore che batte per la paura o la tensione sessuale (canale fisico)….idem per la pubblicità. 3. In natura i cuccioli di tutte le specie attirano la benevolenza degli adulti avendo un aspetto (canale video) più grazioso e tondeggiante, emettendo suoni (canale audio) con frequenze diverse, e risultando più piacevoli al tatto – pelle morbida - e all’olfatto – il classico profumo del neonato (canale fisico).
Ti lascio con alcuni esempi musicali – classici e pop - che mostrano come la comunicazione sia esaltata dall’utilizzo dei tre canali. Se penso ad alcuni tra i brani più famosi o più emozionanti (in termini di testo) nell’opera e nella musica popolare penso a:
E lucevan le stelle: “E lucevan le stelle (video), ed olezzava la terra (fisico), stridea l’uscio dell’orto (audio)… un passo sfiorava la rena (audio, video, fisico)…mi cadea fra le braccia (fisico)”
Nessun dorma: “ …sulla tua bocca (fisico), lo dirò (audio), quando la luce splenderà (video)..”
Paoli con Il cielo in una stanza: “..vedo il cielo sopra noi (video) che restiamo qui abbandonati (fisico) come se non ci fosse più, niente più niente al mondo…..suona un’armonica (audio)…”
Vasco Rossi con Albachiara: “ Respiri piano (fisico) senza far rumore (audio), ti addormenti di sera e ti risvegli col sole (video) sei chiara come un’alba (video), sei fresca come l’aria (fisico) …”
Battisti/Mogol con La canzone del sole: “ … e la cantina buia (video) dove noi respiravamo piano (fisico), e le tue corse, l’eco dei tuoi no (audio)…”
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