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Come usare la mente per migliorare le esibizioni, parte 2 - Sonia Giudici

 

 Illustrazione di Nadia Pazzaglia

Illustrazione di Nadia Pazzaglia

Riprendiamo da dove ci eravamo lasciati. Ti avevo chiesto di prepararti a questo appuntamento  individuando 2 performance che ti hanno davvero soddisfatto ed in cui hai dato il meglio di te, e 2 che non hanno funzionato come dovevano. Le hai individuate?

Bene: l’ideale sarebbe partire subito con l’esercizio, ma so che c’è sempre qualcuno che ha bisogno di sapere cosa sta facendo e perché, prima di potersi calare nell’esperienza e quindi, se sei una di queste persone analitiche e logiche, eccoti soddisfatto.

Prima di procedere ti devo dire che questo tipo di esercizio non è proprio quello che utilizzo nel coaching individuale: ciò che uso ora è un approccio simile, e allo stesso tempo radicalmente diverso. Si chiama Mythoself, sviluppato da JosephRiggio: è molto potente ed efficace, ma non è possibile farlo semplicemente leggendo una paginetta scritta: richiede una guida in carne ed ossa…un coach appunto!
Quello che troverai qui è basato su concetti presi a prestito dalla PNL (Programmazione Neuro-Linguistica) ed è ciò che utilizzavo fino ad un anno fa: anche questo è efficace…ma meno profondo. Ho pensato però che come primo approccio possa essere utile.

La logica sottostante all’esercizio non è “farina del mio sacco”: ho preso a prestito svariati studi sviluppati a partire dagli anni ’60 ad oggi che  sostengono quanto segue:

“dato il legame biunivoco fra mente e corpo, ad ogni stato mentale corrisponde una specifica condizione fisica e ad ogni condizione fisica corrisponde uno specifico stato mentale”

Cosa significa?
Equivale a dire che ogni volta che la nostra mente si pone in una determinata condizione (concentrazione, rilassamento, agitazione, divertimento) il nostro corpo si adegua ed assume determinate posizioni ed attiva determinati processi fisici. Lo sanno molto bene i disegnatori di fumetti: ogni volta che devono farci capire che Paperino è arrabbiato, pensoso o sorpreso, scelgono sempre di rappresentarlo con il viso atteggiato in un modo, con gli occhi che guardano in una determinata posizione, con il corpo che esprime una determinata tensione e così via.
Fino a qui non ti sto dicendo nulla di nuovo, probabilmente. Ma potrei aggiungere che se lo stesso disegnatore intende far assumere lo stesso atteggiamento a Topolino, probabilmente sceglierà di farlo in maniera analoga, ma non identica. Ovvero un Topolino arrabbiato avrà alcuni tratti in comune con Paperino, ma altri più specificamente suoi. La ragione per questa scelta dei disegnatori è la consapevolezza - più o meno inconscia -  che ognuno ha il suo modo specifico di essere arrabbiato, concentrato, rilassato ecc. e di esprimerlo con il proprio corpo.
Questa è la ragione per cui – per altro – considero abbastanza superficiali i manuali che insegnano a “leggere il linguaggio del corpo”: avere le braccia incrociate è segno di chiusura? Forse, ma anche di imbarazzo, di stanchezza o solo un modo per sapere dove mettere le mani se non si hanno le tasche  …ognuno ha un suo modo specifico secondo il quale il suo corpo “reagisce” ad uno stato mentale.

Fino a qui, credo che il concetto sia abbastanza intuitivo e di buon senso: i corpi degli esseri umani reagiscono in modo specifico ed individuale agli stati mentali.
Ora ti aggiungo l’elemento nuovo: vale il viceversa! Ovvero porre il vostro corpo in determinati stati vi aiuta ad accedere con la vostra mente a determinati stati d’animo.
Non ci credi?
Pensa ad un evento che ti rattrista, non drammatico…solo triste o preoccupante. Ora alzati in piedi ed assumi la posizione di un corridore che ha appena tagliato il traguardo vincendo una medaglia d’oro: gambe leggermente divaricate, braccia protese verso l’alto, testa piegata all’indietro sorriso e sguardo al cielo. Fallo davvero,  per favore, ti bastano 5 secondi.
Sei ancora triste o preoccupato come prima, quando pensi a quell’evento? NO! Se hai fatto davvero l’esperimento non puoi sentirti come prima: è tecnicamente impossibile.

Cos’è successo? Un po’ superficialmente posso dire che hai mandato in corto circuito il tuo cervello: gli hai prima detto di preoccuparsi o rattristarsi e poi gli hai inviato attraverso il tuo corpo un segnale opposto.
Quello che abbiamo imparato,  in che modo ci può aiutare nella performance? In molti modi. Uno è illustrato nell’esercizio che segue e consiste nell’individuare i vostri specifici “segnali di eccellenza”. L’obiettivo è scoprire quali segnali corporei attivano in voi uno stato di eccellenza della performance. Una volta che ne sarete consapevoli dovrete imparare ad usare il vostro corpo per ricreare quella situazione di eccellenza.

Considera la prima performance positiva che hai individuato…
Ripensa a quel momento e rivivilo, non solo ritornandoci con la mente ma rivivendoli con il tuo corpo. Nota come ti sentivi e che segnali ti davano le parti più importanti del tuo corpo:
- come tenevi la testa? E le braccia? E le gambe?
- c’erano muscoli particolarmente tesi o rilassati?
- avevi sensazioni di calore o di freddo,o  “vibrazioni”, sensazioni di energia interna, formicolii?

Concediti qualche minuto: alcune sensazioni non si notano subito, ma serve un po’ di tempo. Fallo con convinzione e nota tutto quello che può essere rilevante: se sei un cantante la posizione del palato ad esempio, se sei un musicista la sensazione ti legava al tuo strumento e così via.
Comincia a farlo da ora ed annotati quelle sensazioni per ognuna delle due esibizioni che hai identificato; nota anche se trovi qualcosa che accomunava le tue esibizioni.  Non ho mai incontrato artisti che non trovassero elementi di comunanza, facendo correttamente l’esercizio. Quelle somiglianze sono le più indicative. Molto indicativo è anche il confronto con le situazioni in cui la vostra performance è stata insoddisfacente: notate con attenzione le differenze.

Una volta individuati almeno 3 fattori puoi fare in modo di ricrearli artificialmente prima della performance per indurre quello stato ottimale che ti servirà per esibirti al meglio. Esercitati da solo ad indurre in te quello stato lontano dal palco, così quando sarà il momento “le tue armi saranno più affilate”. Anche queste abilità vanno esercitate.

L’esercizio fatto sotto la guida di un coach è certamente molto efficace ma se fatto bene l’esercizio può dare ottimi risultati anche se condotto da soli. In generale, l’osservazione esterna contribuisce ad individuare più precisamente i segnali, e ciò che è più importante consente di imparare a ricreare quello stato di eccellenza semplicemente inducendo nel corpo gli specifici segnali fisici.

Fallo e dimmi come è andata, scrivendomi un messaggio e-mail…e se vuoi fare qualcosa di ancora più potente, veloce ed efficace lavorando a partire dal tuo corpo… prenota una sessione di coaching basata sul Mythoself. Dopo che l’ho provato non faccio nulla di diverso: è ciò che in assoluto funziona meglio, funziona velocemente e funziona per tutti. Per me è stata una rivoluzione.

Alla prossima newsletter!


Sonia Giudici

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